L’Emilia-Romagna, spiegata bene (Ghost Towns)

E nella penultima o terzultima puntata intitolata [allora ci sentiamo dopo venerdì] Ghost Towns | Influencer | Carni alla griglia della sua newsletter settimanale, che esce tutti i venerdì, Gianluca Diegoli, conosciuto nella blogsfera e nei socialcosi anche come @gluca o [mini]marketing, dice una cosa che copincollo qui sotto perché così facciamo prima:

Sto leggendo un bellissimo saggio, Dio Salvi il Texas di Lawrence Wright (tra l’altro era in Cattolica pochi giorni fa, maledizione!). Mi ha colpito molto la suddivisione che fa tra Texas AM e Texas FM (dove AM sta per onde medie, le uniche in grado di percorrere centinaia di chilometri e di arrivare agli sterminati territori, al contrario delle fighette FM, super digitali ma a raggio cortissimo, iper-cittadino): il primo è rurale, anti diritti civili, pro armi, anti immigrazione. Il secondo è liberal, che poi è uguale ovunque nel mondo, cioè quello delle città, del green, del purpose, quello che discute del monopattino-elettrico-sì-o-monopattino-elettrico-no, delle ristrutturazioni artistiche fashion delle fabbriche di un tempo, della gentrificazione, del “problema” di Deliveroo e compagnia.

Anche in Emilia è lo stesso. Forse l’Emilia non è l’Illinois, come scherzosamente – ma neanche tanto – testimonio da anni su Instagram, ma un Texas, o qualsiasi altro stato diviso tra città e provincia. È la divisione in cui mi trovo a vivere: lavoro a Milano, a Bologna, di solito in città. Vivo (poco) in una media-cittadina di provincia emiliana, che sta scivolando verso la periferia morale, ma dove la ricchezza cuscinetto del passato rende meno drammatica la vicenda, tra gente che ha fatto i soldi con le televendite, con la fabbrichetta meccanica o più di frequente con l’onnipresente mattone, rinvigorito pure dalla ricostruzione post sisma 2012.

Ma domenica scorsa sono passato a salutare i miei genitori che vivono ancora in un paesino dell’alto ferrarese. Sono andato al bar, ho fatto due passi nei posti in cui avevo vissuto da bambino. È palese: la provincia-provincia sta morendo. Chiudono i bar, le pizzerie si rarefanno, chiudono i negozi dopo che i titolari hanno raggiunto affannosamente la pensione, le piccole aziende se ne vanno, chiuse o attratte dai luoghi vicini a quelle autostrade che noi liberal tanto detestiamo “perché producono il problema per cui sono state inventate, cioè il traffico”. E in effetti non c’è traffico nel paese. Potresti attraversare la ex-statale declassata a provinciale a occhi chiusi e rimanere al 99,99% illeso. È più rischioso non attraversare la strada che attraversarla. Il terremoto del 2012 qui ha dato il colpo di grazia morale più che materiale. Le casette col giardino e il cane sono quelle di sempre, ma i migliori ragazzi studiano a Bologna o Modena, e non tornano più. Le aziende offrono posti da digital operaio addetto a macchine meccaniche automatiche (“non c’è da sporcarsi”, dicono alzando le braccia i proprietari) e non trovano addetti. Ma chi vorrebbe chiudersi in un capannone in mezzo al nulla o in un ufficio ancora uguale dagli anni sessanta (cartellino inflessibile alle 8 in punto, ufficio acquario in vetro per favorire il controllo padronale, 40 km di auto e tutto il resto).

Chi vuole rimanere a vivere in un posto dove non c’è un cinema, un pub, uno straccio di vita serale, quando gli influencer lavorano da Los Angeles, gli “imprenditori digitali” da Barcellona con la piscina? Nell’epoca della connessione in cui puoi vedere facilmente le mille luci di Bologna, Milano, Londra o Parigi, chi vuole rimanere lì a estinguersi poco alla volta

All’alba di internet pensavo (non ero il solo) che la connessione avrebbe portato a una rinascita dei luoghi inaccessibili (tanto lavorare da San Babila o da Roncofreddo è uguale, no?). No, non è uguale per niente. Da Roncofreddo al massimo fai il lavoratore a distanza, se ti accontenti.

Non mi meraviglia che questi luoghi in cui il PCI aveva il 75% fino a 30 anni fa ora siano preda facile del leghismo conservatore. Quando sei tagliato fuori dalla globalizzazione, dal progresso tecnologico (non dal digital divide, che sarebbe forse meglio ci fosse ancora, per non rendere palesi le differenze), ti rifugi in chiunque trovi una colpa a quello che sta succedendo. Qui la verità è costituita dalla D’Urso e l’Italia Sul Due, con casi umani e delitti che in realtà avvengono statisticamente come un’eclisse di luna, ma esasperati al punto da riempire le giornate vuote della provincia. Delle sardine, con tutto il rispetto, te ne freghi: l’unica cosa a cui pensi dal bar è che tra un po’ tu sarai anziano e non ci sarà nemmeno l’ospedale vicino. Assieme al resto, verrà risucchiato dalla città stato via Emilia (cit.), la scintillante, moderna, progressista, frecciarossizzata, autostradizzata Emilia FM, circondata nelle campagne da gente che sta peggio di trenta anni fa, guarda le stesse trasmissioni, e non ha ancora capito cosa sia successo.

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Gli altri post che parlano dell’Emilia-Romagna, spiegata bene, sono questi:
– L’Emilia-Romagna, spiegata bene
– E ancora meglio di enzo (polaroid)
– E un’altra cosa di eio
– L’Alta in basso e la Bassa in alto di Tinni
– La Lutazia-Romagna, spiegata bene di Paolo Colagrande
– Felice
– D’estate
Onomastica
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