Marco Manicardi si trovò trasformato, nel suo letto, in un vecchio quarantaseienne.
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(e delle altre cose)
Marco Manicardi si trovò trasformato, nel suo letto, in un vecchio quarantaseienne.
E nell’introduzione di un libro che si chiama Il tallone di ferro, del 1908, Jack London, all’anagrafe John Griffith Chaney London, dice che:
L’ascesa dell’Oligarchia rimarrà sempre motivo di profonda meraviglia per gli storici e i filosofi. Altri grandi eventi storici hanno il loro posto nell’evoluzione sociale, e furono inevitabili. Si sarebbe potuto prevedere il loro avvento con la stessa sicurezza con cui oggi gli astronomi prevedono l’esito dei movimenti delle stelle. Senza questi altri grandi eventi storici l’evoluzione sociale non sarebbe andata avanti. Il comunismo primitivo, la schiavitù, la servitù della gleba, il lavoro salariato, sono stati passaggi necessari per l’evoluzione della società. Ma era assurdo affermare che il Tallone di ferro fosse a sua volta un passaggio necessario. Oggi viene invece giudicato come un passo indietro, in direzione della dittatura sociale che rese quel mondo primitivo un inferno, ma ciò fu tanto necessario quanto il Tallone di ferro fu inutile.
E poi dice che:
Per quanto oscuro, l’avvento del feudalesimo fu inevitabile. Cos’altro se non il feudalesimo avrebbe potuto seguire il crollo di quella grandiosa macchina di governo centralizzato nota come Impero romano? Non è stato così, naturalmente, con il Tallone di ferro. In un regolare processo di evoluzione sociale non avrebbe trovato una sua collocazione. Non fu necessario, né inevitabile. Resterà per sempre la grande stravaganza della storia: un capriccio, una fantasia, un’apparizione, un evento inaspettato e inimmaginabile; e dovrà servire da monito per quei teorici politici imprudenti che oggi parlano con certezza del progresso sociale.
E anche che:
Una volta fuori dal declino dell’egoismo capitalista, è stato sostenuto, sarebbe sbocciata l’età migliore, la Fratellanza dell’Uomo. Invece, provocando lo stesso sconcerto in noi che guardiamo indietro e in coloro che vissero allora, il disfacimento del capitalismo ha generato un frutto mostruoso, l’Oligarchia.
(Oggi)
Oggi, settantacinque anni fa, alle Fonderie di Modena venivano ammazzati sei operai, e feriti altri duecento, dalla polizia. Mio nonno Corrado mi raccontava che oggi, settantacinque anni fa, l’avevano saputo quasi subito anche a Novi di Modena, quello che era successo, a trenta e passa chilometri di distanza.
(Dopodomani)
Dopodomani, settantacinque anni fa, mio nonno Corrado si metteva in marcia con un gruppetto di novesi: scioperavano, avevano messo su le scarpe nuove e ancor prima che spuntasse il sole si erano incamminati fino a Modena per i funerali. A Fossoli avevano tirato su altri gruppetti come loro, e via andare; a Carpi avevano fatto altrettanto, e via andare; lo stesso a Soliera, a Ganaceto, a Lesignana, a Ponte Alto, sempre dello stesso passo, senza rallentare, mi raccontava mio nonno Corrado, senza rallentare fino alle Fonderie di Modena, via, andare. Sempre dello stesso passo perché trenta e passa chilometri non sono uno scherzo per chi esce dal paese solo per le feste, magari col carretto e le scarpe nuove in spalla per andare a ballare alla Festa de l’Unità di Carpi, che dicevano che fosse la più bella di tutte e poi era così grande.
(Dopo)
Dopo, quando ormai era andato in pensione, ed era andato in pensione anche suo figlio, cioè mio padre, ed era diventato più o meno un uomo anche suo nipote, cioè io, a mio nonno Corrado delle scarpe non gliene fregava più granché. Si ricordava sempre di quella volta che era andato fino a Modena a piedi per lo sciopero generale, per i funerali dei morti nell’eccidio alle Fonderie. Ma quando si deve andare, mi raccontava, c’è poi anche da ritornare, e le scarpe si erano rotte. Ci volevano dei soldi per comprare delle scarpe nuove, una volta. Quelle scarpe nuove che, di solito, servivano una volta l’anno quando dovevi andare alla Festa de l’Unità di Carpi a ballare.
(E dopo ancora)
E dopo ancora, mi era toccato raccontare a mio nonno Corrado che poi le Fonderie erano diventate le Ex-Fonderie: una discoteca. E che io una volta, da ragazzino, anni prima, ci avevo ballato dentro. Gli avevo raccontato di quella volta che ero andato fino a Modena, a trenta e passa chilometri di distanza, in macchina con gli amici per ballare. Secondo me quella sera, anzi quasi sicuramente, almeno così mi ricordo, avevo delle scarpe nuove. Delle scarpe nuove per ballare.
(Oggi)
Oggi, settantacinque anni dopo l’eccidio delle Fonderie, e quindici anni dopo aver scritto questo pezzetto (un po’ diverso) per la prima volta su Barabba, mio nonno, Corrado, non c’è più: è morto all’inizio di gennaio di sette anni fa, aveva novantadue anni. Però lo so che, se ci fosse ancora, oggi mi racconterebbe, come se fosse la prima volta che me lo racconta, di quando era andato a Modena a piedi, tanti anni fa, e delle scarpe nuove che poi si erano rotte, eppur bisognava andare.
Nel 2024 ho usato un po’ meno del solito i socialcosi, e quindi le faccende davvero importanti che sono capitate nell’arco dell’anno, quelle belle o belline e quelle brutte o bruttissime, non ci sono in questo #bestnine sgranatissimo. Non che sia importante.
Continua a leggereIl 21 dicembre del 2016, ma anche il 21 dicembre del 2017, il 21 dicembre del 2018, il 21 dicembre del 2019, il 21 dicembre del 2020, il 21 dicembre del 2021, il 21 dicembre del 2022 e il 21 dicembre del 2023 avevo scritto una cosa intitolata “ciao” che diceva così:
Volevo solo dire che «senza canditi» non è un valore aggiunto.
E adesso l’ho scritto anche il 21 dicembre del 2024.
A posto così.
Chiedevo sempre a mio padre cosa volesse dire C.C.C.P., quando lo leggevo sulle canottiere degli atleti ai mondiali o alle olimpiadi.
Mio padre rispondeva tutte le volte: «Col Cazzo Che Perdiamo!»
Avevo dieci anni quando cadde il muro. Quasi undici.
(È una cosa che posto tutti gli anni, quando mi ricordo, il 9 di novembre.)
Ricopio quello che c’è scritto sull’evento fb:
Siamo amiche ed amici di Babe, e stiamo organizzando una serie di serate per ricordarlo, insieme a tutti i musicisti, i dj e gli artisti che lo hanno conosciuto e hanno avuto la fortuna di amarlo come noi.
Il migliore modo di omaggiarlo è attraverso la musica, e il primo appuntamento sarà all’Ekidna di Carpi, un luogo al quale Babe era molto legato.
Il ricavato delle serate sarà devoluto per pubblicare la sua tesi in geografia politica, “Underground Music and Houses Squatting in Berlin”.
“Ignoranza Radiofonica” era il nome della trasmissione che anni fa conduceva su un’emittente bolognese, e ci piace recuperare ora questo nome, da lui fieramente coniato, per i concerti e dj set con cui vogliamo festeggiarlo.
Matteo “Babe” Ferrari è stato un ricercatore in cultural studies e un dj, dopo che in altre vite aveva fatto tante altre cose, ed è stato soprattutto il nostro grande amico, una persona che ci ha cambiato l’esistenza.
Ci mancano il suo sorriso, le sue facce, la sua gentilezza, la sua ironia, i suoi tormentoni sarcastici, i suoi racconti, le sue riflessioni argute, i suoi suggerimenti su un libro da leggere o un film da guardare, i suoi inviti ai concerti.
Ognuno ha il suo Babe, ma tra i tanti Babe che hanno reso belle le nostre vite, oggi ci viene in mente un ragazzo alto un metro e novantacinque, con indosso le inconfondibili bretelle, lo zaino sempre in spalla, pronto a partire per il mondo, un ragazzo che voleva acciuffare la felicità, e per raggiungerla non faceva compromessi con niente e nessuno.
Babe era un nostro amico. Sabato sera, insieme alla gente che potete leggere nel volantino qui sotto, proviamo a ricordarlo come possiamo.
Julian Ross Foundation siamo noi. È il nostro nuovo nome. Magari un giorno vi racconto la storia. Intanto, se potete, ci vediamo sabato all’Ekidna.
Viva Babe.
E insomma, questo è quello che ho letto l’altra sera, mentre Danirossi, Paso e Jacopo suonavano, e avevamo tutti le divise dei Carpi Clippers, e mazze e caschetti nel set di batteria, eccetera (metto solo il link per ovvi motivi, ma se volete sapere il perché e il percome scrivetemi):
https://marcomanicardi.altervista.org/wp-content/uploads/2024/09/3-ottobre-1951-final-final.pdf
Sembra che ci siamo trovati bene.
E che forse lo rifacciamo.
Stasera, nel Bar Polisportiva al 58 di via Curiel, a Rovereto Sul Secchia, in provincia di Modena, più o meno dalle 18:30 ma abbondanti, facciamo una cosa che si chiama SUICIDE SQUEEZEUNLIKELY QUARTET, che è appunto un quartetto dove suonano Daniele Rossi, Enrico Pasini e Jacopo Bassoli, e io leggo a voce alta. A tutti e quattro piace il baseball e di questo tratteranno essenzialmente i quattro movimenti che vi proporremo. Tentando anche di spiegarvi come il baseball abbia a che fare con la vita, proprio in senso generale.
Dopo di noi, suonano i Fumapadana, che sono autoctoni roveretani coi piedi ben piantati nella terra.
E infine, tra le altre cose, si mangiano delle pinse, ci sono dei dj, e si contribuisce a finanziare la rinascita di uno dei festival più belli di tutto il corso del Secchia, cioè Rockkereto.
Dato che, come è noto, “a volte si vince, a volte si perde, a volte piove“, molto probabilmente lo facciamo al coperto.
Qui c’è l’evento su facebook con tutte le informazioni.
E questo è il volantino:
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