Il compagno (prego)

Ho appena finito di leggere un libro che si chiama Il compagno, del 1947, di Cesare Pavese, un libro che secondo me è bellissimo e molto importante, quasi gigantesco. Non lo avevo mai letto.
A casa ce l’ho in due edizioni, una ereditata dal vecchio malvissuto, mio suocero, edizione Einaudi, quarto libro delle Opere Complete di Cesare Pavese, pubblicata nel 1968, un po’ ingiallita ma poco, con la copertina di una carta grigia e molle che sembra un papiro, molto bella. Così bella che non mi attentavo a sottolinearla, e io sono uno che quando legge sottolinea sempre, così per farlo usavo l’altra edizione che ho in casa, che è un volume con tutti romanzi di Cesare Pavese uscito nel 2005 insieme a L’espresso (si chiamava L’espresso Grandi Opere – Cesare Pavese: I romanzi). Se dovevo sottolineare qualcosa, aprivo il volume de L’espresso dove avevo lasciato il segnalibro, sottolineavo, poi tornavo a leggere sull’Einaudi del 1968, e sembrava andare tutto bene.
Fino a ieri, quando dopo la lettura di uno degli ultimi capitoli ho appoggiato il libro sul tavolo della cucina per bere una golata d’acqua fredda di frigo visto che faceva un caldo insopportabile, e la copia Einaudi del 1968 con la copertina di una carta grigia e molle che sembra un papiro è finita su delle chiazzette d’olio usato per condire l’insalata del pranzo.
Amen.

Per il resto, che Il compagno di Cesare Pavese fosse un libro bellissimo e molto importante, quasi gigantesco, non me l’aveva mai detto nessuno e non lo trovo scritto da nessuna parte, quindi, nel caso, ve lo dico io adesso: Il compagno di Cesare Pavese è un libro bellissimo e molto importante, quasi gigantesco. Ve lo consiglio.
Prego.


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