Nori (4), Bulgakov, Gogol’ e una signora di San Pietroburgo

E in un libro che si chiama I russi sono matti (corso sintetico di letteratura russa 1820-1991), del 2019, Paolo Nori dice che succede con tutte le lingue, e anche col russo, che ci sono delle parole intraducibili, come, per esempio, pochmel’e, che è la condizione in cui si trova Stepan Bogdanovič Lichodeev, detto Stëpa, all’inizio del capitolo IV di un libro che si chiama Maestro e Margherita di Michail Afanas’evič Bulgakov.
E dopo dice che Stepan Bogdanovič Lichodeev, detto Stëpa, la sera prima aveva bevuto troppo e adesso era in quella condizione che i russi chiamano pochmel’e, che è una parola che designa sia una condizione fisica (lingua gonfia, male alle ossa, cerchio alla testa) che una condizione, per così dire, spirituale (amnesia, vergogna, impressione di aver fatto qualcosa di male senza sapere di preciso cosa).
E che si potrebbe pensare che una traduzione corretta di pochmel’e sia “postumi”, ma che postumi, in russo, si dice poslédstvija, e, se si va a vedere sul Kovalëv, il dizionario della Zanichelli, gli esempi alla voce postumi sono: poslédstvija vospalénija lëgkich (“i postumi di una polmonite”) e otgolòski pravìte’stennogo krìzisa (“i postumi della crisi di governo”). E che quindi postumi è una parola paramedica, farmaceutica, o, al massimo, parlamentare, niente a che vedere con la vitalità di pochmel’e e niente a che vedere con la condizione di Stepan Bogdanovič Lichodeev, detto Stëpa.
E dopo ancora dice che c’è una regola per uscire dalla pochmel’e e ha un nome, che è un verbo, intraducibile anche lui: opochmelìt’sja. E che c’è una maledizione che Čub, uno dei protagonisti di un racconto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ intitolato La notte prima di Natale, dal 1831, lancia al suo peggior nemico: «Che ti possa mancare la vodka quando ti svegli al mattino!» Cioè: che tu non possa opochmelìt’sja.
E che un giorno, all’inizio degli anni duemila, che lui, Paolo Nori, era a San Pietroburgo, una donna che era seduta su una panchina appena lo aveva visto si era alzata, si era diretta verso di lui con una mano tesa e, quando era arrivata a incrociarlo, gli aveva allungato la mano sotto il naso e gli aveva detto: «Štóby opochmelìt’sja». E che, se dovesse tradurre, in un modo comprensibile, quel che gli aveva detto quel giorno quella signora dovrebbe dire così: «Mi darebbe per cortesia qualche rublo per comprare qualcosa da bere in modo che mi passi la fastidiosa sensazione di cui sono vittima oggi, dovuta al fatto che ieri ho bevuto un po’ troppo?»


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