Così va la vita (una scusa per andare in chiesa)

In quel periodo della mia gioventù in cui dovevo prendere i sacramenti perché così andavano le cose, o almeno andavano così per via di mille convenzioni sociali e per il quieto vivere nel natìo borgo selvaggio, mi ricordo che io di andare al catechismo avevo più o meno la voglia che si può avere di prendere degli schiaffi a due alla volta. Non perché fossi avverso alla religione, anzi, tutto sommato quando mi spiegavano il Vangelo lo trovavo interessantissimo e devo anche dire che poi nella vita mi è servito per avere a che fare con la gente. Ma era più che altro il doversi alzare la mattina presto.
Non mi dava fastidio neanche la messa, era proprio l’orario.

E così, per convincermi a farlo col sorriso, dovevo trovare delle scuse. Una delle scuse migliori che avevo per andare a messa e poi al catechismo la domenica mattina era che in canonica, dopo il catechismo, si poteva stare un po’ in libertà a fare quello che uno voleva, sempre nei limiti di quello che si può fare in una canonica la domenica mattina prima di pranzo. C’erano, per esempio, il biliardino e il ping pong, dove regolarmente si svolgevano dei tornei pazzeschi di gente che a un certo punto sarebbe potuta andare alle Olimpiadi, tanto era brava. Non era il mio caso, visto che a biliardino facevo scarezza, cioè facevo abbastanza pena se non proprio schifo. E col ping pong era uguale.
Poi però, quando gli altri avevano cominciato a estromettermi dalle squadre dei tornei domenicali di biliardino e di ping pong, avevo scoperto che in canonica erano abbonati a Il Giornalino, e quindi potevo mettermi lì a leggerlo per una mezz’ora prima che mi venissero a prendere i miei per portarmi a casa per pranzo.
E da quel momento io, tutte le domeniche fino a un certo punto della vita in cui ho deciso che io e l’ambiente ecclesiastico eravamo a posto così e non ci saremmo più rivisti con regolarità, prima andavo alla messa delle nove e mezza, poi c’era più o meno un’ora di catechismo obbligatorio per prendere quei sacramenti che uno doveva prendere per via di mille convenzioni sociali e per il quieto vivere nel borgo, e dopo, mentre tutti andavano all’assalto dei biliardini e dei tavoli da ping pong, chi per passione sfrenata e chi per farsi bello, io andavo nel portariviste della canonica e prendevo il nuovo numero de Il Giornalino. Ce n’era uno nuovo tutte le settimane.
Non partivo a leggere da pagina uno, ma lo sfogliavo finché non trovavo le storie di Pinky, che erano una delle cose più belle e divertenti e pazzesche del mondo. Finito Pinky, magari leggevo qualche altra storia, qualcosa a tema storico e molto realistico, ma delle volte non avevo voglia o avevo perso tutto il tempo prima del pranzo a leggere Pinky e poi a rileggerlo ancora. E mi sfasciavo dalle risate, così, da solo, in un angolino della sala comune della canonica del paesello, mentre intorno era tutto un volare di urla di vittoria, di sconforto e di palline.

Adesso ho appena letto che Massimo Mattioli è morto e mi dispiace un bel po’, anche se a lui non ci pensavo forse da anni e comunque sono cose che càpitano. E non so neanche bene cosa scrivere ora per dire qualcosa di sensato sulla questione della morte, se non che, ok, tempo dopo i fatti narrati avevo conosciuto meglio Massimo Mattioli anche per delle altre cose, come quando avevo cominciato a dire di essere punk underground e indie e avevo letto dei vecchi numeri di Frigidaire pescati chissà dove. Ma non so se capita a qualcun altro o solo a me, non che sia così strano o stravagante, e non so se a lui potesse far piacere o meno, però devo confessare che quando penso all’opera di Massimo Mattioli l’unica cosa che mi viene da dire è che per me è stata, incredibilmente, prima di tutto, una scusa per andare in chiesa.

Così va la vita.


Questa voce è stata pubblicata in cose così e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.