Una volta, a metà degli anni zero, andavamo in macchina verso Grosseto per questioni di studio, avevo visto un cartello con su scritto “Poggibonsi”, senza dare spiegazioni ero uscito dalla Firenze-Siena per passarci in mezzo e cantare: «Poggibonsi è stata evacuata, e Gerusalemme liberata!»
E Grushenka si era messa a ridere e mi aveva chiesto: «Cosa stai facendo?»
E io: «Canto Milva che canta Battiato.»
Un’altra volta, nel 2012, siamo arrivati a San Pietroburgo, avevamo preso un autobus dall’aeroporto all’albergo, poi la metropolitana verso il centro, ed eravamo spuntati sulla Prospettiva Nevskij. Ci eravamo messi a cantare: «Un vento a trenta gradi sotto zero, incontrastato sulle piazze vuote contro i campanili. A tratti, come raffiche di mitra, disintegrava i cumuli di neve (eee, eee).»
E l’avevamo cantata tutta. Era estate ma faceva un bel freschino.
Un’altra volta ancora, prima, forse era la fine degli anni novanta, giravo in bici coi miei amici al tramonto e passando vicino a casa dei miei nonni, dove c’è, o forse c’era, non so se c’è ancora, un posto dove costruivano i palchi per i grandi eventi, ne avevamo visto uno montato nel parcheggio davanti a un capannone, c’era della musica che usciva dalle casse, e c’era un tipo con un impermeabile giallo tirato su fino al cappuccio che stava cantando da solo, con davanti solo qualche tecnico e il resto era solo il nulla tardo pomeridiano della zona industriale di un paesino di settemila abitanti.
Uno di noi aveva detto: «Secondo me sta cantando Battiato.»
Un altro aveva risposto: «Secondo me è proprio Battiato.»
Siamo andati a controllare. Era Battiato.
Una delle mie canzoni preferite è Sentimiento Nuevo. Soprattutto quando dice: «La tua voce come il coro delle sirene di Ulisse m’incatena, ed è bellissimo perdersi in quest’incantesimo (ooo, ooo).»
Così va la vita.