Così va la vita (assolutamente no)

Questo pezzo l’avevo scritto dieci anni fa su Barabba, adesso che son passati dieci anni lo rimetto qui sotto ricicciandolo un pochino e leggendolo a voce alta perché quest’anno va un po’ così:

La prima volta che ho visto Freak Antoni (io lo pronuncio Frìk Antòni, scusate se è sbagliato, ma a me vien fiori così), la prima volta che ho visto Freak Antoni, dicevo, lui era insieme a Dandy Bestia, voce e chitarra, al Parco della Resistenza di Novi di Modena. Era il millenovecentonovanta-e-qualcosa, avrò avuto quattordici o quindici anni, non di più. In qualche modo quel concerto, uno dei primi che vedevo, aveva cambiato o iniziato a cambiare il mio modo di ascoltare le cose.
Avevo poi visto gli Skiantos due o tre volte, nella vita, l’ultima era stata alla Festa del PD di Carpi, tipo nel 2004. A volte mi eran piaciuti, altre meno, dipende da cosa mi passava per la testa o da chi mi credevo di essere in quel momento.
Freak Antoni capitava spesso di vederlo tra il pubblico di qualche concerto, a fine anni ’90, inizio anni zero, soprattutto se c’era una reunion di gruppi vecchi e scassoni.
Non ho neanche un disco degli Skiantos, in casa. Era tutto su cassettine perse nei traslochi o stipate in qualche scatolone in qualche soffitta. Ho solo un CD di Freak Antoni che legge delle poesie e canta delle cose. L’avevo preso l’ultima volta che l’avevo visto, nel 2012 o giù di lì, credo, alla Salumeria del Rock di Arceto di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, dove recitava le sue poesie e canticchiava le sue canzoni accompagnato da una pianista che, mi aveva detto poi chi ne sapeva più di me, suonava musica contemporanea anche abbastanza cazzuta. Io e la mia morosa eravamo arrivati presto, c’erano solo altre due o tre persone in sala, ci eravamo messi a un tavolino e avevamo ordinato due hamburger e della birra. Freak Antoni e la pianista avevano finito di sistemare i microfoni e le cose, e poi, nella sala semivuota, erano venuti al nostro tavolo. «Possiamo sederci a mangiare con voi?» ci aveva chiesto Freak Antoni. E così avevamo chiacchierato amabilmente per una mezz’ora. Dopo si erano alzati ed erano andati a prepararsi per lo spettacolo. Lui era magrissimo, smuntissimo, esausto, ma faceva morir dal ridere, a tavola e sul palco.

All’inaugurazione del Bonvi Parken, a Modena, un pomeriggio di giugno del 2011, se mi ricordo bene, ero in fila dietro di lui al gazebo della Protezione Civilen per accaparrarmi un hot dog. La mia morosa mi aveva raggiunto, gliel’avevo indicato, lei l’aveva visto e aveva detto a voce alta: «Freak Antoni!»
Lui si era girato, serissimo, era stato zitto due secondi, ci guardava, e poi aveva risposto: «Assolutamente no.»

Così va la vita.


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