Una prefazione che non ho fatto in tempo a scrivere

Un pomeriggio nuvoloso ce ne andammo in Piazza San Carlo, il salotto di Torino, dove esisteva a quel tempo un non chiaro ma provvidenziale legame tra la sede dell’Usis [United States Information Service. N.d.R.] ora soppressa, e una bancarella di libri usati in un vicolo adiacente. Avevamo notato che questa bancarella era la meglio fornita della città in fatto di paperbacks americani, e la visitavamo periodicamente. Andammo scettici, le mani in tasca, la mente alla Legione Straniera. Sempre scettici, trovammo un blocco appena arrivato di libri di science fiction, che acquistammo mettendolo debitamente in conto al nostro datore di lavoro. Una trentina di volumetti abbastanza malconci, dalle copertine non specialmente allettanti, scritti da sconosciuti Clarke, Matheson, Bradbury, Sheckley, Asimov, Simak, eccetera. Ce li dividemmo e tornammo ciascuno a casa sua.
Non sapremo mai chi abbia venduto quel blocco alla bancarella, se un funzionario Usis spedito in un’altra sede, un agente delle Cia partito alla fine della sua missione, un tecnico temporaneamente distaccato alla Fiat, un importatore texano di cioccolatini torinesi, o magari un supervisore galattico che vide in noi due potenziali adepti e fabbricò la coincidenza, il fatale incontro ravvicinato. Ma è certo che a quell’ignoto personaggio dobbiamo la nostra conversione istantanea.

(Questa è la parte della prefazione a L'(n+1)esimo libro della fantascienza che non ho scritto io. Continua sul libro elettrico, o su l’ennesimo blog della fantascienza)


Questa voce è stata pubblicata in cose scritte in giro, varie ed eventuali e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.