Tema: Alla Luna

Ero in terza media e mi piaceva la scienza, avevo già letto dei libri di cose spaziali e astronomiche, mio zio era un astrofilo dilettante e una volta mi aveva portato in un osservatorio in provincia di Reggio Emilia a vedere le stelle, Giove e la Luna, e poi guardavo tutti i giorni Star Trek: The Next Generation come un credente infervorato ascolta l’omelia del prete in chiesa. Ero fatto così, mi piaceva la scienza ed ero anche bravino in matematica. In italiano, un po’ meno.
La prof di italiano non mi aveva in simpatia. Le rompeva un sacco dovermi dare dei voti alti nei temi, perché tutto sommato scrivevo abbastanza bene, e dei quattro o cinque agli orali perché non studiavo mai, visto che ero un ciclista e al pomeriggio ero sempre in giro ad allenarmi. In classe, poi, ero uno di quelli dell’ultimo banco che facevano sempre del casino; lei mi metteva in punizione nel banco di fianco alla cattedra e io facevo del casino anche lì. Mi odiava moderatamente, la prof di italiano. Però anche lei aveva i suoi bei difetti, tipo che era burbera, cattiva e un po’ stronza.
Mi ricordo ancora il suo nome. Me lo ricordo ma non lo scrivo.

Insomma, avevamo appena fatto Leopardi, e Leopardi avevo scoperto che mi piaceva un bel po’, con tutte quelle sue teorie sull’Infinito, dentro e fuori, e e il naufragar m’è dolce in questo mare era una frase che ammiravo molto. Avevamo già letto e studiato e imparato a memoria un bel po’ di  sue poesie, e un giorno la prof d’italiano ci aveva dato un tema da scrivere in classe, era intitolato: “Alla Luna: cosa pensi, tu, quando guardi la luna?”.

Eh, cosa penso, io? Mi ero chiesto. Mah. Mi ero messo lì nel banco di fianco alla cattedra con la biro in bocca e il foglio di brutta e pensavo pensavo pensavo.
Cosa penso, io, quando guardo la Luna? Avevo pensato. Penso che è un satellite bellissimo, una palla bianca che gira gira gira ma noi vediamo sempre una faccia sola perché, guarda un po’, il suo periodo di rotazione sull’asse è uguale a quello di rivoluzione intorno alla Terra: una cosa straordinaria, una coincidenza di quelle che ti fanno venire il mal di testa.
E così, con buona pace del buon Giacomo Leopardi che, l’avevo scritto anche nel tema, mi piaceva molto e forse era il mio poeta preferito, con buona pace del buon Giacomo Leopardi, per me invece, scrivevo, la Luna è un satellite bellissimo, con quella faccia bianca che sembra una faccia di una persona per via delle ombre sui crateri che ci sono sopra, una faccia col culo sempre al buio per la questione della rotazione e della rivoluzione che sono uguali. E poi noi ci eravamo anche stati, là, sulla Luna, così lontani, a un secondo luce dalla Terra – e sapevo cos’era un secondo luce a tredici o quattordici anni, per dire – e degli uomini ci avevano appoggiato sopra i piedi e poi erano tornati indietro a raccontarlo; e non mi ricordavo chi me l’avesse detto o se l’avessi letto da qualche parte, ma sapevo che quel giorno, dal giorno in cui il primo uomo aveva camminato sulla Luna, qualcosa era cambiato nella testa delle persone: dal giorno dopo che l’uomo era stato sulla Luna lo spazio aveva perso una specie di magia e l’umanità era diventata piccolissima e allo stesso tempo importantissima, come concetto. La Luna era un satellite stupendo, ecco quel che pensavo quando la guardavo. E queste cose le sapeva sicuramente anche Giacomo Leopardi, che tra una poesia e l’altra aveva scritto la Storia dell’Astronomia, anche se non l’avevo mai letta. E, insomma, era un bel tema, secondo me. Un bel tema per un argomento interessantissimo.

Mica tanto, secondo la prof d’italiano, che mi aveva guardato male dopo averlo corretto. Non ci ho neanche messo il voto, mi aveva detto. Adesso lo strappo in due e tu, a casa, stasera, ne fai un altro spiegando cosa pensi quando guardi la Luna. Non è possibile che guardando la Luna non ti vengano in mente dei pensieri fantastici e metafisici o non ti capiti mai di parlarci, con la Luna. Aveva detto così.
No, prof, io con la Luna non ci parlo, è un essere inanimato, avevo risposto.
Marco, sul serio, adesso tu questo tema lo rifai a casa tua. E così dicendo, arrabbiata, l’aveva strappato. AVEVA STRAPPATO IL MIO TEMA SULLA LUNA. Ma davvero, eh. Non mi sto inventando niente.

Quando ero andato a casa avevo cominciato a scrivere delle cose del tipo O tu, Luna, come sei bella, quando ti guardo la sera e penso a delle cose candide e ti chiedo spesso come sarà la vita, quaggiù, per me, quando mi sento tanto solo e sono triste, eccetera eccetera.
Avevo scritto che ci parlavo, con la Luna, e che la Luna era bellissima e un prodigio del pensiero, era magica. Avevo anche scritto delle cose alla Luna dandole del tu, ed ero incazzatissimo, ma dovevo farlo per forza.
Poi, la mattina dopo, avevo ridato il tema alla prof d’Italiano. Lei l’aveva messo nella borsetta e il giorno successivo me l’aveva riportato con su scritto “Sufficiente”.

Sufficiente?

Sì, Marco, è un tema molto ben fatto, scritto bene, ma hai dovuto riscriverlo a casa e più di Sufficiente non posso dartelo. Però, lo vedi che anche tu ci parli, con la Luna, quando vuoi?
Ci parlo un corno, volevo dirle, ma ero rimasto zitto, che andava bene così.
Avevo preso il mio Sufficiente in silenzio, le avevo chiesto se potevo fare una fotocopia del tema per portarlo a casa, poi l’avevo dato da leggere a mia mamma. Mia mamma l’aveva letto e mi aveva detto Bravo. Era contenta. Bravo.

L’avevo guardata, avevo buttato fuori l’aria dal naso come fa un toro davanti al torero, scuotevo la testa ed ero arrabbiatissimo.
Ma bravo cosa? Le avevo risposto urlando.
Bravo cosa? Che sono tutte balle!

E questa è la mia storia con la Luna. È andata avanti così per anni. È una storia tutto sommato bella, di rispetto e ammirazione. Magari anche reciproci, chi lo sa?
Bisognerebbe chiederglielo.


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