C.C.C.P.

Chiedevo sempre a mio padre cosa volesse dire C.C.C.P., quando lo leggevo sulle canottiere degli atleti ai mondiali o alle olimpiadi.
Mio padre rispondeva tutte le volte: «Col Cazzo Che Perdiamo!»
Avevo dieci anni quando cadde il muro. Quasi undici.


una cosa che posto tutti gli anni, quando mi ricordo, il 9 di novembre.)


Rosmarino

[Sul centenario della nascita di Italo Calvino (che cadeva ieri, ma ormai sono così attento alle cose che è già una fortuna arrivare con un giorno di ritardo) mi viene in mente che nel giugno di dieci anni fa, cioè quasi praticamente nel nonagenario (senti che bella parolona, nonagenàrio) della nascita di Italo Calvino, su un vecchio blog vagamente letterario che si chiama Barabba avevo pubblicato un pezzo intitolato “Rosmarino” che faceva così]

Siamo in vacanza al mare, solo che oggi c’è brutto tempo. Allora siamo andati in gita in un paesino qui di fianco, dove c’è una salita che porta a un borgo medievale e, lassù nel punto più alto, a un cimitero. Nel cimitero c’è una tomba circondata da delle piante di rosmarino, che m’immagino come dev’esser bella quando tutto quel rosmarino fiorisce, coi suoi bei fiori tra il viola e il blu. E c’è un profumo, intorno, che è quasi un piacere starci davanti, e rimanere serio è l’ultima cosa che ti passa per la testa. Viene da sorridere, è inevitabile.
Eravamo lì da qualche minuto quando ci siamo accorti che eravamo da soli in tutto il cimitero. Ci siamo guardati intorno, con circospezione, poi senza dirci niente abbiamo staccato un rametto di rosmarino e l’abbiamo infilato nello zaino.
Sarà molto buona la bistecca su cui lo metteremo. La chiameremo: bistecca alla Calvino.

Continua a leggere

Funziona anche quest’anno…

… una cosa che avevo scritto nel 2015 che diceva così:

A me il Nobel per la Letteratura piace un sacco perché tutti gli anni scopro uno scrittore nuovo.


(Anche questa è una cosa che posto tutti gli anni; e, per amor di cronaca, aveva funzionato anche nel 2017, nel 2018, nel 2019, nel 2020, nel 2021 e nel 2022; nel 2016, invece, nel 2016 no, non aveva funzionato.)


Una volta l’anno

Succede una volta l’anno, tutti gli anni, che per tre giorni filati, tra Carpi, Modena e Sassuolo, c’è l’uomo della strada che va in giro a piedi per le vie del centro con la faccia tirata e lo sguardo sagace, e lo senti usare delle parole insolite, come per esempio «ontologia».


(C’è il Festival di Filosofia e questa è una cosa che posto una volta l’anno, tutti gli anni)


Hašek (3)

E nella seconda parte, intitolata Al fronte, di un libro che si chiama Il buon soldato Sc’vèik, del 1921, ambientato in Cecoslovacchia, nell’Impero austro-ungarico, durante la Prima Guerra Mondiale, Jaroslav Hašek fa dire con tono sentenzioso a un appuntato della gendarmeria boema che:

«C’è troppa gente al mondo, [….] ormai ci pigiamo l’uno con l’altro, e l’umanità s’è propagata in modo spaventoso.»

Ai tempi della Prima Guerra Mondiale, la popolazione mondiale stimata era poco più di un miliardo e mezzo; poco meno di due miliardi negli anni venti nel Novecento*.


2 agosto 1952, 2 agosto 1980, 2 agosto 1998

Quando arrivava il 2 di agosto, mio nonno, Corrado, diceva sempre che il 2 di agosto del 1952 era notte e…

… ero andato in bicicletta a casa dell’Ada, l’avevo caricata sulla canna e via, ci eravamo sposati che era già incinta… l’avevo presa sulla canna della bicicletta e lei, che era la più povera del paese, aveva una scatola da scarpe come dote… ma non era mica piena, la dote era proprio la scatola da scarpe, pensa te com’era povera… però era d’un bella, l’Ada, e l’avevamo chiamata a lavorare in campagna da noi che non sapeva fare niente, e quando c’era da spostare il fieno se lo ribaltava sempre tutto addosso che io e mio padre facevamo di quelle ridute che cascavamo per terra.

E oggi sarebbero stati 71 anni di matrimonio, se l’Ada e Corrado fossero ancora al mondo.
Mi mancano moltissimo. Così va la vita.

Invece, del 2 di agosto del 1980, Grushenka dice sempre che…

… la puntualità non è una dote innata. C’entra coi comportamenti abituali, con quelle cose che inizi a fare in un certo modo e che poi rimangono così. O sei sempre stato puntuale o non lo sei mai stato. Ma dipende, son cose che hanno un inizio, non sono innate. Io non sono puntuale e neanche i miei genitori sono mai stati puntuali.
Mia madre l’indomani voleva prendere il treno, s’era fissata con questa idea, diceva a mio padre dai Imbeni, domani ci svegliamo presto e prendiamo quello delle nove, che ci vuole. Poi però si sono svegliati tardi, mia madre ci metteva un sacco di tempo a prepararsi, è una che ci ha sempre messo molto tempo. Mio padre si prepara una moka di caffè mentre mia madre sbuffa in bagno e le dice vabbè dai, ci andiamo in macchina pian pianino. Dice sempre pian pianino, mio padre, non è mai stato un tipo puntuale. A Bologna dovevano trovare un libro, un testo universitario. Mia madre si era riscritta all’università di Modena ma si vede che a Modena quel libro non l’aveva trovato. Mi ha ripetuto spesso che le ho dato io la forza di finire l’università, che quando è rimasta incinta ha deciso di riprendere gli studi e di laurearsi. Era incinta di sette mesi, io sarei dovuta nascere in ottobre, anche se poi son nata a metà novembre, in ritardo. Arrivati a Bologna erano in un bar del centro a fare colazione quando è iniziato un via vai di gente concitata, è scoppiata una caldaia alla stazione, diceva qualcuno entrando, è terribile, ci son dei morti, poi telefonavano e uscivano e intorno l’agitazione aumentava. Una caldaia in agosto? pensava mio padre e ha preso mia madre e son risaliti sulla macchina ma verso la stazione deviavano il traffico, non facevano avvicinare nessuno, accidenti, è qualcosa di grosso, pensavano spaventati. Allora hanno preso la via Emilia, e pian pianino siamo tornati tutti a casa.

E così, quel giorno là, quella che trentaquattro anni dopo sarebbe diventata la mamma di mio figlio aveva perso un treno. Per fortuna.

E poi, per finire, il 2 di agosto del 1998…

… avevo 19 anni, io e i miei amici ci eravamo appena diplomati e dovevamo passare quella meravigliosa estate di nulla totale che ci separava dall’università e dal lavoro a vita. Avevamo pensato di farci un interrail di ventidue giorni in Francia, Belgio e Olanda.
Avevo fatto di tutto perché il 2 di agosto fossimo a Parigi, e nessuno capiva il perché, ma appena eravamo scesi dal treno avevamo preso la metro ed eravamo arrivati sugli Champs-Élysées. Spuntati in superficie, mi ricordo che mi ero messo a correre, avevo tirato fuori dallo zaino una bandiera tricolore e mi ero diretto senza pensare verso le transenne, zampettando come un matto. Stava arrivando il Tour de France, e tra la lunga fila di corridori ce n’era uno con la maglia e il pizzetto gialli.
Non credo di aver pianto come quella volta davanti alla televisione mentre guardavo l’arrivo sull’Alpe d’Huez, nel 1995. Però era stata lo stesso una bella botta di gioia.
Non è che capiti a tutti di vedere un Dio dal vivo. Non avevo mai visto dal vivo né Maradona né Michael Jordan. Ma Pantani sì. Era lì, a qualche metro da me, bellissimo, lo potevo quasi toccare.

Continua a leggere

:(

Tutti i martedì sono uguali, ma alcuni martedì sono più uguali degli altri: </ferie>


Majakóvskij

E in un poema che si intitola Uomo, del 1918, che si trova anche dentro a un libro che si chiama Poemidel 1963, Vladímir Vladímirovič Majakóvskij si domanda chi abbia ordinato ai giorni di luglieggiare.

Continua a leggere

Wu Ming 1 e Santachiara (e Calvino, Pavone e Revelli)

E in un libro che si chiama Point Lenana, del 2013, Wu Ming 1 e Roberto Santachiara dicono che in quelle settimane di sbandamento, per dirla con il partigiano Kim in Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, bastava «un nulla, un passo falso, un impennamento dell’anima, e ci si trovava dall’altra parte». E che «questo nulla», come aveva scritto lo storico Claudio Pavone, era «capace di generare un abisso». E che poteva trattarsi di «un incontro casuale con la persona giusta o con la persona sbagliata; e poteva ricollegarsi al modo in cui si erano vissute le giornate seguite al 25 luglio 1943», cioè alla caduta di Mussolini. E che in quei giorni Nuto Revelli era un tenente degli alpini appena tornato dalla Russia, ma era già un partigiano quando, il 12 ottobre 1943, scrisse sul suo diario: «Al 26 luglio si poteva anche scegliere sbagliato. Se mi picchiavano, se mi sputavano addosso, forse sarei passato dall’altra parte, con i fascisti, con le vittime del momento. Oggi sarei con le canaglie, con i barabba, con le spie dei tedeschi.»


(Anche questa, al solito, è una cosa che posto tutti gli anni, quando mi ricordo, il 25 di luglio.)


:)

<ferie>