Melville e Tolstoj

In un libro che si chiama Moby Dick o La balena, del 1851, Herman Melville fa dire al suo narratore, Ismaele, che, d’accordo, c’è di mezzo la morte in quell’impresa della caccia alle balene – una indicibilmente rapida, caotica spedizione di un uomo nell’Eternità, ma che importa? Ci siamo profondamente ingannati a proposito della Vita e della Morte. Ismaele crede che ciò che chiamiamo «la mia ombra» qui, sulla terra, sia la nostra vera sostanza. E pensa che, nel considerare le cose spirituali, assomigliamo troppo alle ostriche che guardano il sole attraverso l’acqua, e ritengono quell’acqua densa la più trasparente delle atmosfere.
E crede che il proprio corpo non sia altro che la scoria del suo essere migliore. E allora, il suo corpo, se lo prenda chi vuole, se lo prenda pure, quello non è lui. E poi, tre hurrà per Nantucket, e venga la lancia sfondata e un corpo sfondato, quando vogliono, poiché, di sfondargli l’anima, chi è capace?

Qualche anno dopo, nella seconda parte del quarto volume di un libro che si chiama Guerra e pace, del 1869, Lev Tolstoj a un certo punto dice che il suo personaggio principale, Pierre Bezuchov, si sollevò tra i suoi nuovi compagni e camminò tra i fuochi verso l’altro lato della strada, dove, così gli avevano detto, stavano i soldati prigionieri. Aveva voglia di parlare con loro. Sulla strada una sentinella francese lo fermò e gli intimò di tornare indietro.
Pierre tornò, non però verso il fuoco, verso i compagni, ma verso un carro staccato vicino al quale non c’era nessuno. Piegando le gambe e abbassando il capo, sedette sulla terra fredda presso a una ruota del carro e lungo tempo rimase seduto, immobile, pensando. Passò più di un’ora. Nessuno lo disturbava. Ad un tratto si mise a ridere col suo riso grosso e bonario, così forte che da varie parti taluni si voltarono con meraviglia verso quella strana, evidentemente solitaria allegria.
«Ah, ah, ah!» Pierre rideva. E disse ad un tratto ad alta voce a sé stesso: «Il soldato non mi ha lasciato passare. Mi hanno preso, mi hanno rinchiuso, mi tengono prigioniero. Chi tengono prigioniero? Me? Me – la mia anima immortale? Ah, ah, ah!… Ah, ah, ah!…» E rideva con le lacrime agli occhi.

(Great minds think alike, come si dice.)


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2 risposte a Melville e Tolstoj

  1. Bat ha detto:

    Guerra e Pace l’ho trovato davvero un librone inpo.
    E, dal paese di graziearcazzo, è tutto.

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