L’Emilia-Romagna, spiegata bene (coff, coff)

C’è da dire che siamo sempre stati abbastanza abituati a sentire la gente tossire, in autunno, in inverno, fino all’inizio della primavera, qui da noi; vuoi perché siamo la pianura meno ventilata del mondo e una delle regioni più inquinate d’Europa; vuoi perché ci sono l’umido e la nebbia che ti entrano nelle ossa e nei polmoni dall’inizio di ottobre fino alla fine di marzo o perché la gente che fuma, bisogna dirlo, è ancora tanta; oppure perché abbiamo molti cinema e molti teatri, e per una legge fisica ancora sconosciuta, e chi la scoprirà vincerà il suo sacrosanto Ig Nobel, si sa che nei cinema e nei teatri, quando le luci si abbassano e lo spettacolo comincia, la tosse diventa la padrona indiscussa della sala.
Solo che adesso, con l’epidemia in giro di COVID-19, o coronavirus, come lo chiamano tutti con una certa confidenza, vedi le persone che fanno di tutto per nascondersi e non tossire in pubblico, perché come diceva Paolo Nori, in un libro che si chiama La matematica è scolpita nel granito, del 2011, siamo in un posto

dove il carattere gioviale della gente convive con una discrezione che impedisce di manifestare in pubblico i propri sentimenti e i propri affetti. Allora il momento della disperazione è un momento solitario. Non ci sono, da noi, e non potrebbero esserci, scrivevo, quelle donne che in Sicilia sono pagate per piangere ai funerali. Noi affrontiamo il mondo come se fossimo tutti d’un pezzo, con una dignità e una coerenza che ci hanno insegnato che vanno bene. E quando crolliamo, che crolliamo, crolliamo da soli, dentro le stanze. E uno che viene da fuori non lo direbbe mai, a vederci che teniamo su una compagnia di trenta persone e beviamo lambrusco e diciamo cazzate, non lo direbbe mai che diamo i pugni al muro, quando torniamo a casa.

E allora quando succede, di mollare un colpo di tosse, perché succede, ogni tanto scappa, c’è poco da fare, ci vedi girare in fretta verso il primo bagno pubblico senza dir niente a nessuno, ci copriamo la bocca in tutti i modi, giriamo la testa dall’altra parte o la chiniamo per non incontrare gli sguardi altrui, oppure facciamo come la compagna di cella tisica della Màslova, che, come racconta Lev Nikolàevič Tolstòj in un libro che si chiama Resurrezione, del 1899, stava lì

con gli occhi spalancati, e per non tossire si sforzava di trattenere il catarro che gorgogliava e le solleticava la gola.

E insomma, ogni volta che si tossisce sembra che ci vergogniamo come i cani. Che è in completa contraddizione con un detto che c’è qui da noi che dice che la tòs la vól tusùda, e cioè che “la tosse bisogna tossirla”, altrimenti non si guarisce.
Chissà come si farà, a ritornare alla normalità.

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Gli altri post che parlano dell’Emilia-Romagna, spiegata bene, sono questi:
– L’Emilia-Romagna, spiegata bene
– E ancora meglio di enzo (polaroid)
– E un’altra cosa di eio
– L’Alta in basso e la Bassa in alto di Tinni
– La Lutazia-Romagna, spiegata bene di Paolo Colagrande
– Felice
– D’estate
– Onomastica
– da Google Maps
– Ghost Towns di [mini]marketing


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2 risposte a L’Emilia-Romagna, spiegata bene (coff, coff)

  1. laPaola ha detto:

    Tutto bene giù nella Bassa? Come ve la cavate senza scuola per il Miny? Noi qui in città (Bologna) si convive con due adolescenti nullafacenti e ciondolanti in casa. E si tossisce negli sgabuzzini 🙂

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