Hobsbawm (3)

E in un libro che si chiama L’età della rivoluzione (1789-1848), del 1962, Eric John Ernest Hobsbawm dice che il centro del nuovo governo francese, che rappresentava un’alleanza tra giacobini e sans-culottes, si spostò sensibilmente a sinistra. E che la prova di ciò fu il rimaneggiamento del Comitato di Salute Pubblica, che divenne ben presto il vero e proprio ministero della guerra francese. E che di esso non faceva più parte Danton, un rivoluzionario potente, dissoluto, probabilmente corrotto, ma di immenso talento e più rimodernato di quanto non sembrasse – era stato ministro nell’ultimo governo regio –, ma che vi entrò Maximilien Robespierre, che ne divenne il membro più influente.
E poi dice che pochi storici hanno espresso giudizi spassionati su questo avvocato elegante, raffinato, fanatico, convinto – forse un po’ troppo – di possedere il monopolio personale della virtù, perché egli è tuttora l’incarnazione di quel terribile e glorioso Anno II che nessun uomo è capace di guardare con occhio neutrale. E che egli non era affatto un individuo simpatico: anche quelli che ritengono che egli fosse nel giusto tendono oggi a preferirgli lo splendido rigore matematico di quell’architetto di paradisi spartani che fu il giovane Saint-Just. E che non era un grand’uomo, anzi sovente era piuttosto meschino. Ma dice anche che è il solo individuo scaturito dalla Rivoluzione (a parte Napoleone) attorno al quale si sia sviluppato un vero e proprio culto. E questo perché per lui, e anche per la storia, la Repubblica Giacobina non era un espediente per vincere la guerra, ma un ideale: il terribile e glorioso regno della giustizia e della virtù, dove tutti i buoni cittadini erano uguali agli occhi della nazione e il popolo annientava i traditori. E che attingeva tutta la sua forza dagli insegnamenti di Jean-Jacques Rousseau e dalla cristallina convinzione della propria rettitudine. E che né i suoi poteri, né la sua carica avevano carattere dittatoriale, poiché egli era solo un membro del Comitato di Salute Pubblica, che a sua volta era un sottocomitato – il più potente, ma non onnipotente – della Convenzione. E che la sua forza era quella del popolo, quella delle masse parigine; il suo terrore era il loro terrore. E che quando le masse lo abbandonarono, egli cadde.


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