Hobsbawm (2)

E in un libro che si chiama Anni interessanti: Autobiografia di uno storico, del 2002, Eric J. Hobsbawm dice che, dopo il sesso, l’attività che permette di combinare al massimo grado esperienze corporee con intense emozioni è la partecipazione a una manifestazione di massa in tempi di grande esaltazione pubblica.
E dopo dice anche che il 25 gennaio 1933 il partito comunista organizzò l’ultima sua manifestazione legale, una marcia di massa nel buio di Berlino, che terminò al quartier generale del partito, il Liebknechthaus in Bülowplatz (oggi Rosa-Luxemburg-Platz), in risposta a una provocatoria parata di massa delle SA nella stessa piazza.
E dice anche che fu un evento indimenticabile, anche se non riesce a ricordare i particolari della manifestazione. Ricorda solo interminabili ore di marcia, o meglio un susseguirsi di movimenti e soste, nel gelo pungente – gli inverni berlinesi sono duri – tra le file di edifici in penombra (e di poliziotti?) lungo le buie vie invernali.
E si ricorda che cantavano e tra un canto e l’altro calavano cupi silenzi. Cantavano  l’Internazionale, la canzone della guerra dei contadini Des Geyers schwarzer Haufen [La Banda Nera di Geyer], il sentimentale e funebre ritornello di Der kleine Trompeter [Il piccolo trombettiere] e cantavamo anche Dem Morgenrot entgegen [Verso l’aurora], la canzone dell’aviazione militare sovietica, Der rote Wedding [Il rosso Wedding] di Hanns Eisler, e il lento, solenne, ieratico Brüder zur Sonne zur Freiheit [Fratelli, verso il sole, verso la libertà]. E dice che erano tutti uniti da un’idea comune. E che lui tornò a casa a Halensee in una specie di trance.
Cinque giorni più tardi Hitler fu nominato cancelliere.


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