Così va la vita (più forte dei cannoni)

È da ieri che vorrei scrivere qualcosa e faccio fatica, e vorrei dire tante cose o vorrei stare zitto, e quindi non lo so. Allora faccio così: provo a dire la cosa su cui alla fine si concentrano tutti i pensieri, che è poi una delle cose più importanti tra quelle che mi siano capitate negli ultimi dieci anni, e questa cosa sono le telefonate.
Ogni tanto ne arrivava una che mi diceva più o meno: «Ciao Marco, ho visto quello hai scritto, ti va di leggerlo mentre noi cantiamo?»
E dopo stavamo al telefono delle mezz’ore a parlare dei perché e dei percome aveva pensato di organizzare tutto e i motivi per cui farlo e così via, fino ai massimi sistemi.
Che poi parlava lei, soprattutto. Io annuivo.

E ancora più potenti e memorabili erano le telefonate che cominciavano così:
«Ciao Marco, stiamo organizzando questa cosa, ti va di venire a leggere?»
«Ma guarda che non ho scritto niente.»
«Allora scrivi qualcosa.»
«Ma non saprei mica cosa dire.»
«Dai, che invece lo sai. Scrivi.»
Ed erano potenti perché mi facevano alzare il culo, quelle telefonate, cioè me lo facevano appoggiare su una sedia per mettermi a scrivere delle cose da leggere in pubblico. E io, alla fine, che forse neanche troppo inconsciamente nella mia vita adulta ho sempre provato a scappare da quel paesino di settemila abitanti, alla fine tornavo sempre lì, e quelle volte che tornavo proprio per fare quello che lei mi aveva chiesto di fare finivano per essere alcune delle esperienze più emozionanti della mia vita.

Il mio natìo borgo selvaggio, il paese in cui sono nato, non è che abbia tanto da offrire ai turisti e ai viandanti: non ha neanche una piazza, per dire. E però ha una cosa che sono arrivati a invidiarci in tutto il mondo, o almeno ce la invidiano quelli che ci hanno avuto un po’ a che fare, da spettatori o da collaboratori, e questa cosa è il Coro delle Mondine. Anzi, meglio: il Coro delle Mondine di Novi di Modena, soprattutto da quando c’era lei a dirigerlo, con la stessa passione e la stessa forza, sempre, che fossero a New York oppure a Rolo, di là dalla Fossa Raso.

Perché aveva questa cosa, lei, era potente con la voce e con le mani quando dirigeva il Coro, ma anche quando ti chiedeva e ti indicava quello che sarebbe stato giusto fare in una certa occasione. E quell’occasione finiva per avere sempre un senso altissimo e profondo, un senso antifascista, antirazzista, in prima linea per i diritti di tutti, per la pace, per l’ambiente, la giustizia e, insomma, era sempre qualcosa che ti rendeva attivo e cosciente, che ti aiutava a crescere e a provare capire. E quella cosa lì, oltre a quella di tramandare la memoria, è sempre stata la funzione del Coro delle Mondine di Novi, e lei l’aveva capito e dirigeva il Coro in quella direzione, senza mai tirarsi indietro, nei teatri, nelle piazze, nelle manifestazioni.
Era una specie di Comandante Partigiano.

Ciao Giulia, e grazie di tutto.
Eri davvero più forte dei cannoni.

Così va la vita.


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