Così va la vita (a chiudere un criceto nel forno a microonde)

[…] qualche anno fa ho pensato che quelli che son nati negli anni venti, e che avevano vent’anni negli anni quaranta, avevan dovuto combattere perché c’era la guerra e servivano dei soldati; quelli che eran nati negli anni trenta, e che avevan vent’anni negli anni cinquanta, avevan dovuto lavorare perché c’era stata la guerra e c’era un paese da ricostruire; quelli che eran nati negli anni quaranta, e che avevan vent’anni negli anni sessanta, avevan dovuto lavorare anche loro perché c’era il boom economico e una grande richiesta di forza lavoro; quelli che eran nati negli cinquanta, e che avevan vent’anni negli anni settanta, avevan dovuto contestare perché il mondo così com’era stato fino ad allora non era più adatto alla modernità o non so bene a cosa. Poi eravamo arrivati noi, nati negli anni sessanta e che avevamo vent’anni negli anni ottanta e l’unica cosa che dovevamo fare, era stare tranquilli e non rompere troppo i maroni.
(Paolo Nori)

Sul mio primo computer – un Olivetti PC1, un 8086 senza disco fisso, con 512Kb di RAM, lo schermo monocromatico verde e due porte per i dischetti da tre pollici e mezzo e il DOS 3.2 – giravano pochi programmi. Uno era un videogiochino delle Olimpiadi, di quelli che uno si stufa quasi subito. Un altro era Maniac Mansion, dove capitava per esempio di dover chiudere un criceto nel forno a microonde e sentirne l’esplosione dal cicalino del PC.
Siamo forse la prima generazione di disperati, noi che siamo nati negli anni settanta, e che avevamo vent’anni negli anni novanta, che si rattrista per la chiusura di una casa produttrice di videogiochi.


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