Capa

E in un libro che si chiama Leggermente fuori fuoco, del 1947, Robert Capa, nato col nome di Endre Ernő Friedmann, dice che, tornato di notte su quella spiaggia, trovò i colleghi giornalisti nella soffitta di una fattoria normanna dove avevano sistemato il primo centro stampa francese. Se ne stavano accovacciati sulla spiaggia intorno a un paio di mozziconi di candela, bevendo un liquido giallo da un barilotto. Come tavolino, la custodia di una macchina da scrivere.
Dice che erano passati già due giorni dal “D-Day”, e che la bevanda era una specialità del luogo, un brandy di mela chiamato Calvados e la festa era una veglia francese in suo onore. S’era sparsa la voce che avesse fatto una brutta fine: un sergente aveva visto il suo corpo galleggiare nell’acqua con le macchine fotografiche intorno al collo. Era stato dato per disperso per quarantotto ore, la sua morte era diventata ufficiale e il cerimoniale aveva già predisposto un necrologio. E l’improvvisa materializzazione del suo fantasma con la gola secca diede così una scossa allo stato d’animo depresso dei suoi amici, che gli presentarono subito il loro Calvados.


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