I furbi e i coglioni

Ormai sono quasi vent’anni che esercito più o meno bene il mio diritto al voto e se c’è una cosa che ha iniziato a starmi davvero sulle palle è tutta quella serie di discussioni che il giorno dopo un referendum prende il via da qualcuno che per la strada, in ufficio, a scuola, eccetera pone la domanda: «Ieri sei andato a votare?» E da lì ognuno si sente in dovere di motivare le proprie scelte e va a finire che il giorno dopo un referendum il mondo all’occhio di chiunque si divide, secondo parametri assolutamente personali, in furbi e coglioni.
E nessuno che tiri mai fuori qualcuna delle sfumature che invece ci sono nel corpo elettorale, come quelli che sono andati a votare o no ma con dei rimorsi incredibili, stringendo il culo, come si dice, per mettere una crocetta dove non eran proprio convinti al cento percento che ci andasse una crocetta; o quelli che sono rimasti a casa e si tormentano per l’astensione tanto che quando ci ripensano si sentono inquieti e sporchi; e così via.
Poi ci sono anche i furbi e i coglioni.


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