2 agosto 1952, 2 agosto 1980, 2 agosto 1998

l’Aldina… com’era bella, l’Aldina, era la più povera del paese quando l’ho sposata, sono andato in bicicletta a casa sua, una notte, l’ho caricata sulla canna e via, ci siamo sposati che era già incinta… l’ho presa sulla canna, quella notte là, l’Aldina, e lei aveva una scatola da scarpe come dote… ma mica piena, eh, la dote era proprio la scatola da scarpe, pensa te com’era povera… ma com’era bella, l’Aldina, che poi l’abbiamo chiamata a lavorare in campagna e non sapeva fare niente, e quando c’era da spostare il fieno le cadeva sempre tutto addosso che io e mio padre facevamo di quelle ridute che cascavam per terra…

Questa cosa qui, raccontata da un certo Learco in una specie di monologo che avevo scritto tempo fa, è successa davvero, solo che Learco non si chiama Learco, ma Corrado, e l’Aldina non si chiama Aldina, ma Ada. Sono i miei nonni, sfollati dal terremoto, che oggi festeggiano sessanta (60) anni di matrimonio. Auguri, nonni.

Mia madre l’indomani voleva prendere il treno, s’era fissata con questa idea, diceva a mio padre dai Imbeni, domani ci svegliamo presto e prendiamo quello delle nove, che ci vuole. Poi però si sono svegliati tardi, mia madre ci metteva un sacco di tempo a prepararsi, è una che ci ha sempre messo molto tempo.

Trentadue anni fa (32), invece, in mezzo alla mattinata, la mia dolce metà era a Bologna, più o meno. Ce lo aveva raccontato due anni fa. Certe volte ci vuole del culo.

Poi, per completare il giro delle ricorrenze, nel 1998, visto che ci eravamo appena diplomati e avevamo da passare quella meravigliosa estate di nulla che ci separava dal primo anno di università o dal lavoro a vita, avevamo pensato bene di fare un bell’interrail in Francia, Belgio e, ovviamente, che eravamo giovani, Olanda. Mi ricordo che avevo fatto di tutto perché il 2 agosto si passasse per Parigi, e nessuno capiva il perché, ma appena scesi dal treno e trovata una camera per dormirci in sei, abbiamo preso la metro e siamo arrivati sugli Champs-Élysées. C’era molto trambusto, nessuno capiva perché, solo io, dopo aver tirato fuori una bandiera italiana dallo zainetto, mi son messo a correre verso le transenne zampettando come un matto. Allora anche gli altri han capito che quel giorno lì arrivava il Tour de France, e c’era Pantani con la maglia e il pizzetto gialli. Sportivamente parlando, fu uno dei giorni più belli della mia vita. Dopo l’Alpe d’Huez del 1995, ovviamente.

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